Niente per bocca (Nil by mouth) di Gary Oldman– GB -1997 – Durata 128’ –V.M 14

21 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
Niente per bocca (Nil by mouth) di Gary Oldman– GB -1997 – Durata 128’ –V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Il ventenne Billy (Charlie Creed Miles), schiavo della droga, vive con la madre Janet (Laila Morse), operaia cinquantenne e con l’anziana nonna Kath (Edna Dore). La sorella, la trentenne Valerie (Kathy Burke), madre della piccola Michelle ed in dolce attesa di un secondo pargoletto, è sposata con Raymond (Ray Winstone), un uomo rissoso e violento, perennemente sbronzo e con il vizietto della cocaina. Per procurarsi la dose giornaliera, Billy compie dei piccoli furti ma un giorno Raymond lo accusa di avergli rubato alcune bustine di coca che aveva in casa e lo aggredisce verbalmente. Incapace di controllare i propri istinti aggressivi, Raymond, completamente sbronzo, pesta poi a sangue Valerie che, a seguito delle percosse subite, perde il bambino. Disperata, si rifugia a casa della madre dove giunge la notizia che Billy è stato arrestato. Pentito e con la coda tra le gambe, Raymond è  accolto nuovamente in casa da Valerie.

Esordio nella regia di Oldman che fa il verso alla migliore tradizione del cinema “arrabbiato” inglese e narra, in maniera scarna e spoglia, una storia, dal sapore autobiografico. Con tocco realista ambienta la vicenda nei lividi e cupi sobborghi londinesi e mette in campo delle miserie umane che lasciano l’amaro in bocca. La disperazione e l’emarginazione regnano sovrane ed alla tossicodipendenza dei due personaggi maschili fanno da contro-altare le figure tragiche ed eroiche di Janet e di Valerie, due donne salde come una roccia che hanno accumulato negli anni patimenti e sofferenze ed appaiono incapaci di mutare il corso del proprio infelice destino. Lo sguardo del regista è volutamente freddo ma, sul finale, prova a dare un pizzico d’umanità a Raymond che, tra i fumi dell’alcol e gli effetti della droga, ad un amico racconta dell’ambivalente rapporto che aveva con il proprio padre, una persona ruvida, insensibile ed anaffettiva a cui lui, nonostante tutto, era molto legato. Un film claustrofobico che non concede nulla allo spettatore, attraversato però da un certo autocompiacimento nel mostrare così tanta violenza e sofferenza umana. Premio a Cannes 1997 a Kathy Burke come miglior attrice protagonista. Prodotto da Luc Besson. Colonna sonora di Eric Clapton.

 

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