Pride di Matthew Warchus – G.B – 2014

11 Settembre 2015 | Di Ignazio Senatore

Possono dei virili minatori di Dulais, uno sperduto villaggio del Galles, in sciopero contro l’odiata Margaret Thatcher, accettare, tra imbarazzi, incredulità e inveterati pregiudizi, che un gruppo di gay e lesbiche, capitanati da Mark, fondatore del LGSM (Lesbians and Gays Support The Miners) e membro della Young Communist League, raccolgano fondi in appoggio alle loro lotte?

I sindacati dei minatori prendono subito le distanze e dichiarano che non accetterebbero mai i soldi che gli attivisti del LGS hanno raccolto per loro.

I minatori sono divisi tra loro ma Mark e i suoi amici decidono di recarsi con un pullman nel paesino del Galles e consegnare la somma di persona.

Ma, anche questa loro iniziativa sembra pacificare gli animi dei minatori, manovrati da alcuni personaggi conservatori.

Intorno a questo delizioso dilemma ruota la commovente, ironica e divertente pellicola, diretta da Matthew Warchus, ambientata nell’estate del 1984 e tratta da una storia vera.

Con questa caustica commedia, dai dialoghi affilati e brillanti, il regista britannico evita i variopinti e banali luoghi comuni su gay e lesbiche, punta tutto sulla sincera ed incondizionata solidarietà tra sfruttati ed emarginati e ricorda che, anche mondi, apparentemente distanti tra loro, possono incontrarsi e trarre linfa l’uno dall’altro.

La colonna sonora, con i must degli anni Ottanta, è da sballo.

Sullo sfondo Full monthy, Billy Elliot, Braed and roses e il meglio “dell’orgoglioso” cinema di impegno politico britannico.

A far capolino nella vicenda lo spettro dell’AIDS, l’arretratezza culturale di una fetta della classe operaia, legata ancora a delle anacronistiche posizioni.

Sul finale campeggiano le immagini del primo Gay Pride del 1985, aperto dagli striscioni dei minatori inglesi e la presa d’atto l’anno successivo, all’interno del programma laburista, della difesa dei diritti omosessuali, appoggiato con il voto decisivo e compatto del sindacato minatori.

Recensione pubblicata su Segno Cinema N. 195 – Settembre – Ottobre  2015

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