The psycopath di Larry Brown – USA – 1973

21 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
The psycopath di Larry Brown – USA – 1973
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Judy (Barbara Grover) ed Harold (Lance Larsen) denunciano la scomparsa di Bobby Cirlin, il loro bambino di quattro anni il cui corpo, privo di vita, è ritrovato poche ore dopo, in fondo ad un burrone. Per il medico legale il piccolo è morto in seguito a delle violente percosse subite prima di precipitare nel vuoto. Un tenente della polizia, spulciando tra le cartelle cliniche dell’ospedale pediatrico cittadino, scopre che Bobby era stato ricoverato già in passato per contusioni multiple alla testa e per una serie di fratture a seguito dei maltrattamenti subiti dai genitori. Judy ed Harold sono uccisi barbaramente e, successivamente cadono sotto i colpi di un folle omicida, due madri violente e manesche che erano solite maltrattare i propri bambini. L’assassino è Tom (Tom Basham) detto Mr Rabbey, un ragazzo sensibile e dal faccino pulito che di giorno si esibisce in uno spettacolo di marionette in TV e di notte, un ragazzo che veste i panni dell’angelo sterminatore e giustizia i genitori sadici e violenti che picchiavano selvaggiamente i loro figli.

Larry Brown dirige un gelido atto d’accusa contro le violenze domestiche di cui sono vittime i bambini ed, anche se le lascia sempre fuori campo, il clima che si respira nella pellicola è egualmente cupo e disperato. Il film si apre con Bobby, un ragazzino grassottello che gioca, felicemente, a baseball, con i suoi amici. Sua madre Judy lo redarguisce pesantemente e gli annuncia che sarà poi punito per averle disubbidito. Non appena il marito rientra a casa, la moglie, con un malsano compiacimento, lo esorta a picchiarlo ed a sculacciarlo pesantemente. Dopo qualche sequenza, un’infermiera premurosa e sensibile che lavora nel reparto pediatrico, si rivolge al tenente della polizia che conduce le indagini, e gli dice: “Quando si incontra un bambino che è stato picchiato, si capisce, si vede, non dai segni che può avere fuori ma da quelli che si porta dentro. E’ questa la cosa buffa; la gente pensa che un bambino che viene picchiato possa ribellarsi, diventare incorreggibile ma è esattamente l’opposto. Un bambino che viene picchiato è completamente docile. Tutti i suoi sensi, anche le sue lacrime sono indebolite dal dolore. Farà qualsiasi cosa che gli si chiede di fare pur di non essere picchiato di nuovo.”  In questo giallo atipico il regista non punta allo svelamento dell’assassino che è smascherato in un convulso finale ma confeziona una trama dolente e senza speranza che penetra nella pelle dello spettatore, fino a saturarne completamente i pori.

 

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